In continuazione con il mio precedente articolo, vi invito oggi a riflettere su un altro mezzo di comunicazione che tutti noi genitori usiamo: i “famigerati” gruppi WhatsApp delle classi dei nostri figli.
Come per ogni strumento (che sia un’auto, una motosega, un software) per evitare il rischio di abusarne, utilizzarlo impropriamente o addirittura infrangere regole, fermiamoci a pensare a tre aspetti:
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che cos’è;
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a chi e a cosa serve;
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quali regole ha.
WhatsApp Messenger è un’applicazione di messaggistica istantanea per smartphone creata nel 2009, facente parte dal 2014 del gruppo Facebook. Il 26 luglio 2017 è stato annunciato il raggiungimento di 1,3 miliardi di utenti mensili e 1 miliardo di utenti attivi ogni giorno. Oltre allo scambio di messaggi testuali è possibile inviare immagini, video, audio, documenti, la propria posizione geografica e fare chiamate e videochiamate. Con la creazione dei gruppi consente la divulgazione istantanea di messaggi ad un numero elevato di persone.
Quanto allo scopo, il gruppo WhatsApp dei genitori è uno strumento di comunicazione fra genitori di bambini della stessa classe e serve per diffondere, in modo rapido, informazioni relative all’attività scolastica, o comunque di interesse collettivo per il gruppo di bambini; perché sia utile ed efficace e non si trasformi in luogo virtuale di tensione e detonatore di conflitti è necessario però che chi lo utilizza ne conosca le regole.
Non sottovalutiamo, perciò, la necessità di conoscere queste regole; pensiamo che alcuni dirigenti scolastici italiani hanno addirittura proposto corsi per sensibilizzare i genitori al corretto uso di questo strumento, per non violare le regole della privacy e tutelare i bambini!
L’educazione digitale all’uso dei gruppi WhatsApp può essere riassunta in queste semplici regole:
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“chi”: tutti i genitori devono essere invitati a farne parte, ma d’altra parte essere inseriti nel gruppo solo se vi acconsentono; al contrario gli insegnanti non dovrebbero essere presenti, ma contattati su canali più istituzionali ed appropriati; un membro del gruppo dovrebbe assumersi il ruolo di amministratore e pertanto anche il compito di moderare i toni, fornire informazioni o riferire istanze dei docenti, invitare a non divagare, sempre nell’interesse comune del gruppo classe;
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“cosa”: coerentemente con lo scopo del gruppo, andrebbero postate soltanto informazioni di interesse collettivo, con esclusione, quindi e ad esempio, di questioni individuali, come domande non di interesse comune, informazioni private o non inerenti alla scuola, di commenti futili o ripetitivi o di critiche al corpo docente; senza mai dimenticare che il gruppo è un mezzo per organizzarsi, ma che i problemi reali andrebbero discussi di persona;
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“come”: come per ogni comunicazione digitale, l’invito è quello di moderare il numero dei messaggi, non scrivere in orari che potrebbero disturbare i destinatari, ponderare le risposte, mantenere toni gentili e non fraintendibili (soprattutto se si tratta di argomenti delicati), evitare polemiche, discriminazioni, pettegolezzi e, in generale, non scrivere parole che non si direbbero di persona davanti a tutto il gruppo di genitori.
Non dimentichiamo che insulti, offese o affermazioni diffamatorie scritte sui gruppi (e in generale sui social network) costituiscono veri e propri illeciti: l’ingiuria è un’offesa all’onore o al decoro di una persona presente e costituisce illecito civile (art. 594 c.p., reato recentemente depenalizzato) punito con una sanzione pecuniaria civile da €. 100,00 a €. 8.000,00 (e da €. 200,00 a. 12.000,00 se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato); la diffamazione è una comunicazione con più persone con la quale si offende la reputazione di una persona non presente e costituisce reato (art. 595 c.p.) punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino ad €. 1.032,00 (pena anche in questo caso aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato).
Queste sanzioni ben possono essere applicate non solo a conversazioni fra persone fisicamente presenti, ma anche a conversazioni virtuali; la Corte di Cassazione, fin dal 2014 (sentenza n. 16712/2014 della Sezione I Penale) ha addirittura sempre ritenuto che il fatto sia aggravato dall’utilizzo di un mezzo di pubblicità e quindi punito più gravemente (reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore ad €. 516,00).
La persona offesa può in ogni caso richiedere il risarcimento del danno (art. 2043 c.c.).
Anche per questi motivi quindi l’attenzione e il rispetto dovrebbero essere sempre massimi.
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“perché”: il gruppo WhatsApp è una vera comodità e una risorsa importante di scambio e condivisione, se usato in modo consapevole e responsabile; in conclusione, non dimentichiamoci che siamo sempre un esempio e uno specchio per i nostri figli, anche nel modo di usare la chat di classe.